Degustazione e "vecchi merletti" Parte 2

L’assaggio di una birra è la tappa finale del percorso degustativo e noi iniziamo questo secondo articolo proprio da qui, consapevoli tuttavia che l’analisi gustativa non può prescindere dalle altre tappe descritte nell’articolo Degustazione e Vecchi Merletti – parte prima.

Al palato ed al retro-olfatto si possono valutate i gusti ed i sapori che potranno essere gradevoli o sgradevoli in base al (buon) lavoro eseguito dal birraio. Gli ingredienti restituiranno una moltitudine di gusti che potrebbero essere coerenti oppure in contrasto con quanto avvertito al naso. A titolo di esempio in una Helles bavarese ci arriveranno al naso note di confetto, di miele d’acacia e di cereale; allo stesso modo il dolce dei malti sarà evidente anche sulla lingua e le note di confetto e miele si ripresenteranno al palato. In questo caso si definisce la birra rotonda ed equilibrata. Se ora invece stappassimo un’aromatica American Pale Ale ci ritroveremmo profumi di frutta esotica e di agrumi donati dai luppoli aromatici, in contrasto con una bevuta amara e lievemente maltata, dove i luppoli amaricanti sovrasteranno le note dei cereali. Si parlerà quindi di birra squilibrata.

Non si faccia l’errore di pensare che queste caratteristiche siano indice di bontà o meno della birra esaminata. Si tratta piuttosto di peculiarità dello stile che il birraio è andato cercando. Parallelamente a gusti e sapori, il nostro apparato boccale ci permette di avvertire anche sensazioni tattili che contribuiranno ad una descrizione completa ed approfondita. La temperatura, ad esempio, è molto importante durante la degustazione: più una birra sarà fredda e meno si avvertiranno pregi e difetti del prodotto, a seconda dello stile 9/14°C è un buon range di temperature per un’ottima degustazione.

Il livello di carbonazione, saggiata tenendo la punta della lingua immersa nel liquido e valutando il pizzicore dell’anidride carbonica, può essere differente in ogni stile birraio e può rendere la bevuta ottima oppure mediocre in caso di errori; le birre di stile inglese sono solitamente più piatte rispetto agli stili belgi ed agli stili bavaresi, in cui la frizzantezza è assai vivace. Il corpo, che nulla c’entra con l’alcolicità o con il sapore, consiste nella densità, nella masticabilità della birra e si valuta provando a schiacciare il liquido fra lingua e palato. Una birra corposa lascerà la sua impronta aggrappata alla lingua mentre una bevuta watery farà scivolare velocemente il liquido verso la deglutizione.

Gli stili del Nord Europa presentano tendenzialmente corpo medio o alto, mentre in Germania e soprattutto in Baviera troviamo stili birrari dal corpo esile e secco. Infine l’alcolicità, caratteristica che ci indica quanto zucchero è stato trasformato dai lieviti, viene avvertita dalla tipica sensazione di calore che ritorna dal fondo della gola verso bocca e naso dopo la deglutizione. Ogni stile birrario “vuole la propria alcolicità”, importante elemento che rende la birra finita appetibile e piacevole.

 Ora che abbiamo a disposizione tutte queste valutazioni,  ammettendo per un attimo che basti così poco per carpire tutti segreti nascosti dentro un bicchiere, è  d’obbligo porsi la domanda: Che cosa ce ne facciamo? Analizzare una birra ha sempre una finalità: si può  partire da un individuale interesse a scomporre il prodotto nei suoi elementi caratterizzanti, un po’ come  farsi una personalissima banca dati dei propri gusti e delle proprie bevute.

Si può estendere l’analisi oggettiva applicando la stessa procedura a due o più birre contemporaneamente, magari della stessa tipologia, così da  realizzare un confronto immediato in quella che viene chiamata analisi comparativa. La cosa forse più  interessante, infine, è estendere la comparativa e portarla ad un livello ancora superiore, confrontando gli  standard dello stile di riferimento con un singolo o un gruppo di campioni. Questo è ciò che solitamente viene  fatto nei concorsi: le birre iscritte vengono raggruppate in precise categorie, il panel di giudici analizza i  campioni cercando eventuali difetti oggettivi e comparando ogni birra con le caratteristiche proprie della  categoria corrispondente.

L’attività più nobile in degustazione è quella di individuare gli aspetti  caratterizzanti della birra, riconoscere con precisione profumi e puzze, identificare sapori e gusti, siano essi  piacevoli o sgradevoli… ed eventualmente confrontarli con quelli di riferimento propri dello stile birrario. La  cosa migliore per imparare ed affinare queste capacità è l’esercizio scevro da ogni condizionamento. Le  etichette sulle bottiglie, le recensioni, le opinioni degli altri, sono i peggiori nemici dello studio in  degustazione. I tuttologi, gli esperti assoluti, gli “scienziati” – come mi piace definirli amichevolmente – non sono esempi da seguire.

La credibilità di un’idea, purtroppo, viene spesso accentuata, quasi certificata, dal  carisma della persona che la espone, dal suo modo di raccontarla e dall’insicurezza dell’ascoltatore. Il potere  che ne scaturisce porta il neofita e l’inesperto ad abbandonare le proprie sensazioni, magari giuste, e ad  abbracciare quelle del sedicente esperto degustatore. Vi porto un paio di simpatici esempi per meglio capirci:  rhum agricolo di Martinica, famoso per i suoi aromi spiccatamente esotici e fruttati, si dice che la sua  particolarità venga dal sole a cui sono esposte le canne da zucchero durante la coltivazione. Altro esempio,  un po’ più nostrano, è quello del pampapato, tipico dolce ferrarese delle festività natalizie: tradizione vuole  che dopo la cottura e prima della copertura col cioccolato fondente, le forme vadano lasciate una notte  all’esterno perché la nebbia possa dare il proprio contributo all’equilibrio gustativo del dolce.

Ecco… gli  scienziati sono quelli che sostengono di sentire l’aroma del sole nel rhum di Martinica ed il sapore della  nebbia nel pampapato di Ferrara. Una buona e corretta degustazione è il frutto di allenamento, dedizione,  interesse. E’ perfettamente normale all’inizio non riconoscere aromi, non avvertire profumi o sfumature  gustative. Una buona guida, un buon corso, un buon docente e la pazienza, degna di un Maestro Jedi, verso i nostri errori, ci aiuteranno col tempo a sviluppare i nostri sensi gusto-olfattivi, così da poter cogliere il delicato profumo di miele in una birra pesantemente agrumata da luppoli aromatici. Altrimenti… potremo sempre scolarci una birra dal teschio del nostro nemico, ruttare sonoramente al cielo e sostenere di aver avvertito il sapore antico delle epiche battaglie vichinghe.  

Alessandro Anteghini